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Il Giuramento di Mosio e la nascita della II Lega Lombarda - 6 marzo 1226

   

La dichiarazione d'indipendenza della Padania vale ancora?

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Il 15 settembre 1996 nacque la Republica Federale della Padania ma visse un solo giorno!

   

Lombardy, the garden of Italy

Tratto dalla commedia di William Shakespeare 'The Taming of the Shrew' ovvero 'La bisbetica domata' (1592)

Non c'è dubbio che nel testo il grande drammaturgo inglese si riferiva all'Italia del Nord o Lombàrdia!

  

Act 1, scene 1

LUCENTIO
Tranio, since for the great desire I had
To see fair Padua, nursery of arts,
I am arrived for fruitful Lombardy,
The pleasant garden of great Italy,
And by my father’s love and leave am armed
With his goodwill and thy good company.
My trusty servant, well approved in all,
Here let us breathe and haply institute
A course of learning and ingenious studies.
Pisa, renownèd for grave citizens,
Gave me my being and my father first,
A merchant of great traffic through the world,
Vincentio, come of the Bentivolii.
Vincentio’s son, brought up in Florence,
It shall become to serve all hopes conceived
To deck his fortune with his virtuous deeds.
And therefore, Tranio, for the time I study
Virtue, and that part of philosophy
Will I apply that treats of happiness
By virtue specially to be achieved.
Tell me thy mind, for I have Pisa left
And am to Padua come, as he that leaves
A shallow plash to plunge him in the deep
And with satiety seeks to quench his thirst.

Traduzione

LUCENTIO

Beh, Tranio, qui siamo nella fertile Lombàrdia, giardino d'Italia, per realizzare il sogno di tutta la mia vita. Sai come ho sempre desiderato vedere la bella città di Padova, famosa per le sue arti e le sue lettere, e ora, grazie alla generosità di mio padre, sono qui - con la sua benedizione e la tua buona compagnia. Dunque, mio fiducioso servitore – che non mi hai mai abbandonato – perché non ci mettiamo qui per un po' di tempo per seguire un corso di studio, un curriculum di studi veramente rigoroso.

Sono nato a Pisa, famoso per i suoi seri cittadini, come mio padre prima di me; mio padre, Vincentio, un mercante di successo, ha viaggiato in tutto il mondo, è stato uno dei due Bentivogli. I Bentivogli erano una delle famiglie di Bologna, di grande potere politico e influenza. È giusto che io, suo figlio, cresciuto a Firenze, debba concentrarmi sull'aggiunta di azioni più virtuose a quelle di mio padre, accumulandole in cima alla sua ricchezza.

Per questo motivo, Tranio, studierò l'etica e – per il momento, comunque – proseguire quelle aree di filosofia. Lucentio si riferisce alla filosfia di Aristotele. Filosofia che insegna ad un uomo come raggiungere la felicità attraverso la virtù. Cosa pensi di tutto questo? Lasciando Pisa per Padova, io sento che Lucentio intende dire di essere sopraffatto. Mi sento un po’ come un uomo assetato che si volta da una pozzanghera ad un vasto lago dal quale può bere.

  

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E se si parlasse di LombExit ma dall'Italia?

  

‘Alpadín/Alpadìno’, 'Italia del Nord’, 'Padania' o ‘Lombardia’? Qual è il migliore termine in senso storico, geografico, linguistico e sociale?

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Cos'è 'Alpadín'

‘Alpadín’ è una sigla ma anche un neologismo che nasce dalla fusione di tre vocaboli geografici: ‘Alpi’, ‘Padania’ – intesa nel suo vero significato geografico di pianura padano-veneta – e ‘Appennino’, per identificare il territorio plurilinguistico a nord della linea La Spezia-Rimini, o Massa-Senigallia per taluni altri (vedi figura a lato), caratterizzato da lingue e/o dialetti affini appartenenti alla stessa famiglia delle lingue romanze o neolatine: il ramo occidentale.
Il presente sito vuole essere sia un portale di accesso ai principali o ufficiali siti lessicografici, letterari e/o filologici delle lingue e/o dialetti nord-italiani, con un neologismo ‘alpadínici’, sia un sito di sintesi e raccolta lessicografica attraverso l'uso della grafia alpadínica, una grafia innovativa unitaria per tutti gli idiomi locali dell’Italia del Nord.
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Buona navigazione tra le lingue e i dialetti dell'Italia del Nord.

La ladinità dei dialetti e delle lingue dell'Italia del Nord

"E' ormai convinzione comune tra i glottologi che nella fase antica le differenze fra l'(alto)italiano e le parlate ladine furono minime rispetto alle attuali: infatti non esiste un solo fenomeno linguistico, considerato tipico del gruppo ladino, che non affiori nelle testimonianze antiche dei dialetti italiani settentrionali. Detto in sintesi, è accertata la profonda connessione che esiste tra ladino e alto italiano (= gallo italiano + veneto); (....) dall'Appennino alla cresta delle Alpi e sovente anche oltre, vi è una unità linguistica neolatina inscindibile. le parlate ladine e quindi il friulano costituivano assieme all'alto italiano ed al sardo un gruppo italo-romanzo."
Vittore Dreosto, tratto dal testo Origini della gente friulana e del suo linguaggio ladino.

Gli studi del padre della dialettologia italiana, il prof. Graziadio Isaia Ascoli (1829-1907), si erano concentrati infatti sul friulano, sul dolomitico e sul romancio che a suo dire erano gli unici linguaggi che possedevano particolari caratteristiche linguistiche conservative più vicine al latino medievale, caratteristiche omogenee che egli definì come ladine. Tutti gli altri dialetti nord-italiani furono invece precedentemente classificati come ‘dialetti gallo-italici’ dal prof. Bernardino Biondelli (1804-1886) nel 1853 per le loro affinità linguistiche gallo-romanze e, in seguito agli studi dell’Ascoli (1873), per la mancanza dei connotati ladini. Lo stesso Ascoli però si espresse a favore della pertinenza del ladino al ramo gallo-latino, o gallo-romanzo, comprendente i dialetti gallo-italici e veneti, nel quadro di un’antica unità linguistica ladina nella quale le lingue ladine odierne non sono altro che la forma moderna più conservativa delle antiche lingue nord-italiane derivate dal latino medievale. Nel 1921 però il glottologo Carlo Battisti (1882-1977) scartò – se non con il presupposto della scissione dell’unità reto-romanza delle parlate ladine – una possibile dimostrazione della gallo-latinità del ladino. Infatti, nonostante numerose affinità linguistiche, vi sarebbero altrettante rilevanti e determinanti differenze che lo impedirebbero. Lo stesso Battisti cercò in seguito anche di confutare la tesi ascoliana dell’unità delle parlate ladine e della loro indipendenza rispetto all’italiano (1936). Si può quindi ritenere possibile – ma la cui verità è tutta da accertare – che la radice linguistica sia ladina dal friulano fino addirittura al catalano passando per i dialetti nord-italiani e il provenzale od occitano. Il fatto poi che i dialetti gallo-italici e veneti abbiano perso i connotati ladini, all’incirca nell’Alto Medioevo, è dovuto alla diffusione delle lingue – più prestigiose e forti letterariamente parlando – francese prima e italiano dopo, che li hanno influenzati molto profondamente e fatti privare delle loro naturali caratteristiche ladine. Per analoghe ragioni accanto a queste due lingue si può accostare anche il tedesco o germanico alto medievale che potrebbe avere avuto un’influenza non trascurabile sul piano politico ed economico durante il Sacro Romano Impero, o anche per infiltrazione dalla vicina Svizzera. Si potrebbe quindi sostenere che i dialetti gallo-italici e veneti siano pertanto lingue/dialetti reto-gallo-latini, o italo-romanzi come sancisce il Dreosto (intendendo l’aggettivo 'italo' non come 'italico' ma come 'appartenente all'Italia' ma i cui sostrati linguistici siano il gallico e il retico), o anche reto-cisalpini come propose nel 1982 l’australiano Geoffrey Hull, attualmente linguista della University of West Sydney, nella sua tesi di dottorato “The Linguistic Unity of Northern Italy and Rhaetia” escludendo ogni possibile collegamento e denominazione di tipo l’italo-romanza (vedi www.alpdn.org). In sostanza l'unità linguistica pan-ladina o l'unità gallo-romanza nord-italiana, se mai fosse dimostrabile, sarebbe valida all'epoca della formazione delle lingue romanze tra VIII e X secolo, ma non al presente per la divergenze evolutive accorse nel seguito tra le lingue ladine e i dialetti gallo-italici e veneti . Troverebbe così una spiegazione anche il fatto linguistico della presenza delle vocali turbate (ä, ë, ö, ü) esistenti nei dialetti gallo-italici e non in tutti quelli ladini e veneti, vocali che sarebbero state ereditate dal contatto dei primi con le lingue francese e germanica, e non come spesso si sente dire che siano l'eredità delle lingue celtiche o germaniche visto e considerato che né il friulano e né il catalano le posseggono nonostante si siano evolute storicamente in ambiti appunto celtici e germanici.

Come indizio di questa presunta affinità pan-ladina si valuti il seguente parallelo linguistico tra il linguaggio iberico del XIV secolo – un catalano precedente alla standardizzazione – e il friulano della metà del XIX secolo.
Tratto dall’omonimo testo di Vittore Dreosto.

L’affinità tra friulano e catalano si ritrova attualmente anche in alcuni rilevanti fenomeni fonetici, e vista la loro distanza spaziale ovest-est questa situazione potrebbe essere spiegata con l’applicazione della II norma di Bartoli secondo la quale se due aree marginali possiedono un fatto linguistico comune e sono separate da un’area centrale che ne possiede un altro – nel nostro caso gli attuali dialetti occitani, gallo-italici e veneti – allora il fatto delle due marginali è più antico e conservativo. Questo potrebbe essere un elemento a favore della dimostrazione che i dialetti occitani, gallo-italici e veneti avrebbero subito maggiormente l’influenza dell’italiano, del francese/provenzale e del tedesco rispetto al catalano e al friulano.